Rita InVolo

Domenica scorsa ho caricato l’attrezzatura in auto e con 3 amici non volatili siamo andati al M.te Cornizzolo.
Qui abbiamo incontrato Rita, una deltaplanista che da un bel po’ di anni ha
parcheggiato il suo delta nell’hangar per poi rispolverarlo solo recentemente per qualche voletto.
Rita era curiosa di capire come mai tanta gente in questi anni si era avvicinata al parapendio e mi ha interpellato per provare un volo in biposto.
Bene, che onore! Carichiamo il bipo sulla navetta e saliamo in decollo.
Qui ci prendiamo un po’ di tempo… il panorama, la pace della montagna, qualche spiegazione ai miei amici che vedevano per la prima volta quei “pazzi” che han visto in televisione e sui giornali, quelli che si schiantano sempre, quelli che si buttano, quelli che amano il rischio. Benvenuti nel nostro mondo reale!
Qualche spiegazione anche a Rita sul funzionamento della telecamera e noto subito un po’ di riluttanza all’uso: “ma non è che mi impiccia? Vorrei tenere le mani libere…” riesco a convincerla che non se ne pentirà, che è facile, poi siam passati al briefing vero e proprio.
Pronti per il decollo si ripropone il suo disagio di tener in mano la telecamera proprio nel momento del decollo. Ok, mi dico, se la telecamera la disturba, mettiamo via sta cacchio di telecamera, la cosa più importante è il benessere del passeggero, la sua serenità.
Ora è tutto ok, 1, 2, 3 VIA! Il parapendio si gonfia e senza neanche un passo siamo in volo; il tempo di sederci negli imbraghi e già siam dentro la prima termica. Non la sfrutto tutta, solo un pochino, quello che basta per riportarmi sopra il decollo e salutare gli amici non volatili.
Rita mi chiede: “dove mi devo attaccare?”
“da nessuna parte”, rispondo, “devi solo goderti il volo!”
Ecco… in questa domanda si racchiudeva tutta la sua precedente apprensione per avere le mani libere, la sua riluttanza alla telecamera… lei era una deltaplanista, era inconcepibile starsene seduta a mani libere a godersi il volo! Ha passato troppi anni con il suo deltaplano aggrappata alla barra di controllo per manovrare!
Guadagniamo facilmente quota con qualche termica di ambientamento, Rita sta bene, ancora un filino tesa per la nuova esperienza che sta vivendo, ma tutto nella norma.
Come un bambino smanioso di farle vedere una cosa bella che ha scoperto solo lui, la porto a vedere subito il lago del Segrino, un lago che mi ha sempre affascinato; non si vede dal decollo e questo gli conferisce ancor più fascino nell’andarlo a scoprire. Eccolo! E’ ancora lì dove l’avevo lasciato e bello come sempre.
Riprendiamo quota, Rita scioglie la sua tensione residua, non le sembra ancora vero di volare stando comodamente seduta; ora avrebbe addirittura voglia di filmare un pochettino quello che sta vivendo… bene, lo avevo previsto ed infatti avevo tenuto la telecamera a portata di mano, l’estraggo e gliela passo. Saliamo, saliamo… per Rita è tutto ok, non ha paura dell’altezza, non ha nausea e resiste bene al freddo anche se ogni tanto ha qualche brivido che percepisco dalla vibrazione del suo seggiolino: se tutti i miei passeggeri fossero così…
Facciamo un mezzo giretto verso i Corni di Canzo e poi le indico Bellagio, dove si uniscono il lago di Como con quello di Lecco, da questa quota si vede bene. Mi sento un po’ una guida turistica e questo mi fa molto piacere. Ora siamo sul Monte Rai e da qui è ben visibile tutto Lecco col suo lago e Valmadrera, sempre una splendida visione anche questa.
Avevamo tutta la quota necessaria per arrivare fino al monte Barro ed iniziai la strada; decisi un po’ a malincuore di abbandonare quest’idea, c’era la possibilità di non riagganciare altre termiche e terminare questo bel volo. Poco male, torniamo al monte Rai ed indico l’Abbazia di S.Pietro al Monte dove si vedevano distintamente un sacco di asciugamani colorati adagiati sull’erba antistante.
Prendiamo un po’ di quota… io ero soddisfatto del mio volo, il giro turistico che propongo sempre ai miei passeggeri l’abbiamo fatto, Rita è infreddolita ma contenta, non vorrebbe scendere.
Le parlo un po’, anzi per la verità non abbiamo mai smesso di parlare, ma le volevo chiedere di “scaricarsi” di buttare fuori le sue tensioni residue, di non tenerle dentro. Lei capisce subito cosa intendo e urla, si libera… in aria si può fare senza disturbare nessuno, senza essere giudicati pazzi… urlando ha voluto salutare anche i suoi Amici scomparsi, li ha chiamati per nome, ora che era alta anche lei li sentiva più vicini e li ha ricordati. E’ stato un bel momento anche per me.
Gironzoliamo ancora un po’ sul monte Cornizzolo e troviamo le mie amiche rondini che pasteggiano dentro una termica che ovviamente non ci lasciamo sfuggire. In termica le spiego che le rondini mangiano i leggeri insetti che vengono portati in quota dalle correnti ascensionali, in sostanza dove ci son le rondini c’è termica!
Saliamo ben bene, il variometro “bippa” a tutto andare, Rita è tranquilla e io continuo a star dentro la termica; siam sotto una bella nuvola paciocchina e ad un certo punto il vario mi strilla: +6 m/sec ! Rita non lo sa’, sente solo il vario suonare e parte l’esclamazione “che bello, si sale!” ed io aggiungo: “yuppyyy!”.
Ok, siamo quasi alla base del cumulo, è ora di uscire, calcolo bene i tempi per non entrare in nube e gli ultimi metri li faccio salendo verso il bordo della nube, voglio farle provare a pucciare la testa dentro la nuvola.
La sfioriamo, “la tocchiamo” e ne usciamo. Un altro urlo di gioia si sprigiona dalle corde vocali di Rita, ormai ci ha preso gusto!
Siamo a 2000m entrambi abbiam freddo, son trascorse già 2 ore, notiamo che parliamo come dei balbuzienti, le nostre labbra sono ormai indolenzite dal freddo e ci mettiamo a ridere…
Andiamo un po’ in pianura, almeno lì perdiamo un po’ di quota e ci scaldiamo un po’ se così si può dire. Anche io scarico un po’ di tensione, la pianura è sempre un po’ più tranquilla.
Gironzolando per la pianura siam giunti sulla verticale del rivenditore dell’Iveco, quello che si vede anche dalla Superstrada e che per noi piloti segnala anche il limite dello spazio aereo della TMA di Milano.
E’ ora di rientrare alla base, siamo ben lontani dall’atterraggio!
Anche se credo non ce ne sia la necessità, preparo Rita all’eventualità di un’atterraggio alternativo. Rita, malgrado abbia acquisito fiducia in me durante il volo mi domanda qualche cosa tipo “ma sei capace? Ci riesci?”.
Ah ah ah… mi è venuto da ridere… ancora una volta è venuta fuori la deltaplanista che è in lei! “Certo! Col parapendio non servono prati lunghi, servono semplicemente dei prati, e qua sotto ne abbiamo quanti ne vogliamo!”.
Con quella risposta Rita ripensa a quanto è comodo il parapendio rispetto al delta. Aggiungo che comunque per arrivare in atterraggio ci servirebbe una termica.
Rimasi senza parole quando mi disse ok, non ti preoccupare, io guardo se vedo delle rondini in giro! Ah ah ah… non ci posso credere… la mia passeggera che mi aiuta a cercare le termiche! Fantastico, fossero tutte così! Dopo un po’ un’altra esclamazione fantastica: “rondini a ore 10!”. Bene! Virata ad ore 10 e come per incanto si compie ancora la magia: il vario comincia a suonare, si avverte la spinta ascensionale e guadagniamo quota. Le rondini sembrano farci festa tutte intorno, sfrecciano vicino al parapendio in modo impressionante, di certo non infastidite dalla nostra presenza. Ora abbiam quota sufficiente per arrivare in atterraggio ed incrociamo la nostra amica Paola, anche lei in parapendio, un breve saluto via radio e ci comunica che non sta trovando più termiche. Anche noi eravamo ormai bassi e cominciavo a tener d’occhio l’atterraggio x non abbassarmi troppo, ormai il nostro volo era quasi giunto alla fine. Scherzosamente dissi a Paola per radio: “Tranquilla, te la cerco io una termica!” Effettivamente non c’era più niente da sfruttare per salire e provo l’ultima carta della giornata: la Roda Acciai.
Con un occhio alla distanza dall’atterraggio, uno alla quota da terra e l’altro che controllava il vento (ma quanti occhi ho?), la Roda acciai emette una scoreggina, una di quelle tanto piccole che io definisco: “una di quelle che si possono girare solo a destra”; già… perché la mano sinistra è un pochino meno sensibile della destra e rischierei di perderla. Era una termica debolissima ma ho voluto crederci e giro dopo giro spiegavo cosa stava succedendo a Rita che era molto attenta a sentire anche lei il suono del vario e a percepire la delicatezza che occorreva nel girarla. Rimaneva stupita da come il parapendio riuscisse a sfruttare ste termiche debolissime e talmente strette che addirittura erano anche più piccole della raggio di virata del parapendio.
Pian piano guadagniamo quota e la termica diventa un po’ più larga e sfruttabile. Per radio Paola ci insultava x via del fatto che noi avevamo preso la termica e lei no.
La termichina ci portava sempre più in alto, tanto che decisi a questo punto di riavvicinarmi al Cornizzolo e da lì prendere un’ascensore più veloce.
Detto fatto: ora eravamo in un’ascendenza da +3/+4 m/s, alla radio in sottofondo avevamo ancora gli insulti di Paola che vedendoci così in alto non si dava pace…
Incredibile stiamo salendo molto bene, molto velocemente, la temperatura si abbassa anch’essa con la stessa velocità e ritorno a sentire la vibrazione del sellino anteriore: Rita tremava ancora dal freddo, ma non osava dirmelo perchè non voleva che la riportassi a terra.
La termica ci stava portando dentro la nuvola, io stavo attento a calcolare bene la forte velocità di salita, la distanza dalla base della nuvola e la distanza che ci separava dal bordo della stessa. Quando mancava esattamente un giro dalla sua base, percorro gli ultimi metri in rettilineo verso il bordo sfruttando ancora l’ascendenza e preparo Rita per un’altra piccola immersione di qualche secondo dentro la nuvola. Puff… siamo dentro! Improvvisamente sento il tremore del seggiolino che si arresta, Rita non parla, mi sembra quasi che anche il suo respiro si sia fermato. Effettivamente questa volta il bordo della nuvola era molto più denso e non faceva intravvedere nulla… era sparito tutto… il sole, i laghi, tutti i punti di riferimento erano spariti, eravamo in cielo, ma il cielo non si vedeva. Eravamo entrati in un’altra dimensione, sapevo che sarebbe durata solo qualche secondo, percepivo che Rita aveva paura di questa dimensione, “sentivo” il suo respiro che non c’era più. L’unico suo punto di riferimento era la mia voce calma che le diceva “ok, tranquilla, fra poco usciamo, solo qualche secondo e vedrai che siamo fuori”.
La mia mente al contrario era estasiata dalla nuova dimensione e rapidissimamente passava in rassegna senza avere il tempo di darsi una risposta a domande come “Che ci faccio qui? Dove sono? Dov’è finito il mio mondo? Il tempo sta scorrendo ancora o si è fermato?”. L’urlo di liberazione di Rita interrompe le mie fantasticherie: “Siamo usciti, siamo usciti!” Rita riprende a respirare, a gioire, a tremare! Guardo l’altimetro, 2200m, porcaccia la miseria quanto siamo in alto! Guardo giù e urlo anche io di gioia “cavoli siamo sul lago del Segrino a 2200m, non ci posso credere!”
Il Lago del Segrino era splendido da quella quota, le leggere increspature si doravano di sole ed il luccichio mi rapiva…
Rotta verso il m.te Croce, avevo tutta la quota per arrivarci e riagganciare le termiche, ero già sul Segrino, si può fare!
Percorro più di metà strada, ma poi decisi di tornare indietro… il volo era già stato bello così… eravamo entrambi stanchi, infreddoliti e sognanti… andava bene così. Ci portiamo verso l’atterraggio, nel mentre fantastichiamo di infilarci subito dentro la macchina a scaldarci; sarà tutta bella calda perché é rimasta sotto al sole tutto il giorno; sì, l’idea era veramente allettante.
Sul percorso di ritorno incrociamo il mio istruttore di biposto Giuseppe Spiraglia che esegue un’elegante spirale; io e Rita lo ammiriamo dalla nostra posizione privilegiata seduti sulle nostre poltroncine stile cinema; se solo avessimo avuto anche i pop corn…
Ci prepariamo per l’atterraggio, ormai io e Rita abbiamo il feeling giusto, tiriamo fuori il carrello, rallentiamo e tocchiamo terra. All’atterraggio veniamo immortalati dal nostro fotografo ufficiale Gerardo che scatta qualche foto ai nostri visi felici.
Immancabile la birretta finale con tutti gli altri piloti del Cornizzolo Involo, gli scambi di opinioni sulla giornata, gli sfottò, le risate, i visi felici tra cui spicca anche quello di Rita che con gli occhi ancora pieni di cielo fa trasparire che oggi ha Volato anche lei!

Poianalibera

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3 Responses to Rita InVolo RSS Comments (RSS)

  1. Luca ha detto:

    Ciao Sergio, grazie, quando si fanno dei bei voloni le emozioni son talmente forti che le parole vengono fuori da sole, è quasi un peccato non scriverle per poter farle vivere annche ad altri.
    Penso che sia capitata la stessa cosa anche a te nel tuo ultimo straordinario volo in bipo.
    1 abbraccio, anzi no, prima che mi stritoli con quel bicipite ! 😀
    Ciao!

    Poianalibera.

  2. Sergio Nestola ha detto:

    Grande Luca, bel volo e soprattutto bellissimo il resoconto..gran pilota bipo e grande capacità nel saper trasformare le più intime emozioni in parole, cosa assolutamente non scontata.
    Grazie per averle condivise…

  3. Rocco ha detto:

    Fantastico volo e bellissimo racconto.
    Complimenti.
    Mi piacerebbe sapere se Rita è tornata a volare
    con il suo Delta o pensa a un corso di parapendio.
    Ciao
    Rocco